Internet: specchio dell’umanità, promessa delusa

Internet doveva rappresentare una svolta epocale per l’umanità. Secondo i pionieri della rete, molti dei quali avevano ideali progressisti e socialisteggianti, la diffusione di internet avrebbe potenziato la democrazia, sconfitto l’ignoranza e portato comprensione tra le genti attraverso la facilità delle comunicazioni. In breve, facendo fare all’umanità un salto evolutivo, avrebbe migliorato la società.

Dopo trent’anni dagli albori di internet, ci chiediamo: cos’è rimasto di quelle promesse, di quelle speranze? Naturalmente, come per tutte le faccende umane, non è facile dare una risposta definitiva, bianco o nero. Internet ha portato vantaggi enormi e facilitato moltissime operazioni. Permette di comunicare efficacemente a grandi distanze e di avere accesso, nel palmo della mano, a tutta la conoscenza prodotta dall’umanità nella storia e alla sua arte, la letteratura, la scienza, le idee, i film e la musica. Un risultato incredibile. I benefici sono chiari e, da nativo digitale, non potrei pensare alla mia vita senza internet.

Ma internet è, come tutte le cose umane, uno specchio spietato della nostra natura. Dentro la rete ci sono anche cose orribili e questo riflette la depravazione presente nel genere umano. Ma la devianza estrema riprodotta su internet non è il dato più interessante. La rete non ha risposto ai sogni dei suoi pionieri soprattutto perché non ha fatto fare all’uomo quel salto di qualità in cui loro speravano. Anzi, ha mostrato, ingigantendoli, i limiti e la fragilità della psiche umana, del modo in cui l’uomo comprende e agisce nel mondo.

Cioè, l’arrivo di internet non ha reso l’umanità improvvisamente più pacifica, più consapevole della propria condizione o più incline ad aumentare questa consapevolezza. L’umanità è sempre la stessa, ma ora ha un mezzo che amplifica i caratteri della sua natura.

Infatti, oltre alle cose meravigliose che si possono fare su internet, da cosa è dominata la rete? Dagli istinti umani. Dai bisogni umani. La pornografia, sempre più estrema. I social media, essenziali per mettersi in mostra e misurare la propria posizione nella gerarchia, confrontando il proprio status con quello degli altri. I troll e i bulli, che mettono in atto quell’aggressività e risentimento umani in forma digitale.

E nel marasma di contenuti, nel fiume di immagini e stimoli sempre nuovi, bisogna lottare per l’attenzione. Attenzione che, proprio per l’infinità di stimoli, è sempre più breve. E quindi tutto deve essere ingigantito, esagerato, deve essere clickbait, cioè un’esca per pescare l’occhio distratto del visitatore. Il risultato di tutto questo è una società profondamente inautentica, edulcorata, falsa. Tutto deve gridare, essere eccessivo, essere falso per convincerci a cliccare.

Inoltre, i social media danno spazio all’impulso umano di dominio sull’altro perché conferiscono a una piccola cerchia di persone, i prìncipi dei dati, la possibilità di manipolare miliardi di individui, grazie agli algoritmi che studiano la psiche delle persone, ciò che li motiva, che li stimola. Una volta profilati, somministra agli utenti contenuti e pubblicità. Così delle macchine finiscono per decidere con chi facciamo l’amore, cosa compriamo, le notizie che leggiamo, i candidati che votiamo, le idee che abbiamo.

La rete, poi, ha permesso la costruzione di un capitalismo della sorveglianza (termine coniato da Shoshana Zuboff) che sembra purtoppo essere sempre più il modello di società per il futuro. Un mondo dove la sfera privata umana viene cancellata, dove ogni singola azione (sì, proprio tutto) viene monitorata, registrata, studiata. Anche grazie ai sempre più presenti dispositivi “smart”, vere e proprie cimici spia per le aziende tecnologiche. Perché lo fanno? Per immagazzinare sempre più dati e migliorare l’algoritmo cosicché comprenda meglio le molle dell’azione umana, delle sue debolezze anche, per sfruttarle e vendergli dei prodotti.

Tutto questo viene peggiorato dall’onnipresenza dello smartphone, un terribile intruso che reclama costantemente la nostra attenzione e il nostro tempo. E non voglio citare i problemi politici enormi che tutto questo ha creato e può creare.

Era questo il sogno di avanguardisti di internet come Jaron Lanier? No. Assolutamente no. Questo è il loro incubo. E dunque, che si fa?

Ciò che possiamo fare è utilizzare al meglio delle nostre abilità gli incredibili strumenti che internet ci mette a disposizione, vigilando sempre che, come spesso accade nella storia, quelli che vogliono costruire un paradiso in terra non finiscano per costruire un inferno.